22.6.2021
Scrivanie e cubicoli hanno lasciato il posto a tavoli da cucina e camere da letto in quello che è stato il più grande esperimento lavorativo nella storia recente che ha definito i modelli del lavoro da remoto, detto anche smart working.
Secondo l’indagine dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, nel 2020 un terzo dei dipendenti ha lavorato da casa durante la fase più acuta della pandemia: in questa modalità di lavoro sono state coinvolte il 97% delle grandi imprese, il 94% delle pubbliche amministrazioni italiane e il 58% delle PMI.
Possiamo osservare che per l’ottimizzazione della gestione dei propri dipendenti le azienda hanno adottato la pianificazione per obiettivi invece che quella classica per ore. Una scelta strategica che ha influito positivamente sia sulle aziende che hanno visto all’aumento della responsabilizzazione dei propri dipendenti e quindi della percezione di fiducia dei responsabili nei loro confronti, ma anche sui lavoratori, che ora possono organizzare al meglio il loro tempo a disposizione garantendo il raggiungimento degli obiettivi aziendali. Inoltre, il lavoro da remoto ha reso indispensabile lo sviluppo delle capacità personali nell’utilizzo degli strumenti digitali incrementando la produttività aziendale.
Dopo un anno di lavoro prevalentemente a distanza, le aziende si stanno preparando per riaccogliere in sede i propri dipendenti adottando un modello organizzativo ibrido detto anche hybrid workspace: si tratta di un luogo lavorativo in fase di evoluzione che si pone l’obiettivo di riuscire a supportare la mutabilità del lavoro. Dallo scorso anno abbiamo imparato che la vera forza di un’azienda risiede nella sua capacità di adattarsi e modificarsi a livello di mentalità, atteggiamento e forma e l’hybrid workspace è quell’ambiente capace di restituire alle aziende questa capacità di adattamento.
Le nuove sedi aziendali sono definite come spazi fluidi, meno densi, il lavoro è distribuito in modo equilibrato tra presenza fisica e quella digitale, le scrivanie e le postazioni non sono più personali ma vengono utilizzate da più lavoratori in tempi diversi, gli uffici sono delimitati da pareti mobili che si spostano in base alle necessità e sono previsti molti più spazi dedicati al lavoro condiviso, all’interazione e alla collaborazione.
Come abbiamo visto, l’hybrid workspace è un ambiente di lavoro che si sposta costantemente tra luogo fisico e luogo virtuale. L’azienda oggi non si ferma ai muri dell'edificio della sede ma entra nelle case dei propri dipendenti. Questo significa che quando si parla di riadattamento e riqualificazione degli spazi per aumentare il comfort e le performance di ogni singolo lavoratore, bisogna prendere in considerazione anche il luogo in cui viene accolto il lavoro da remoto.
Per trasformare la propria sede in un ambiente ibrido è quindi necessario intervenire su tutti i fronti destinando parte dell’investimento all’adeguamento tecnologico degli strumenti digitali per promuovere il lavoro agile e garantire una perfetta comunicazione; l’altra parte dovrà essere destinata al riadattamento delle postazioni lavorative per spazi più fluidi e all'eventuale sostituzione di arredi per promuovere il lavoro condiviso.
Il governo, consapevole delle nuove esigenze emerse dal contesto attuale in ambito lavorativo, viene incontro all’adeguamento aziendale verso il lavoro ibrido con il Decreto sostegni emanato il 2020 prorogando per tutto il 2021 il “Bonus Smart Working”: uno strumento di welfare aziendale che permette alle aziende di fornire ai propri dipendenti un importo pari a 516,46 euro per l’acquisto di arredo e beni (sedie ergonomiche, schermi acustici, strumenti tecnologici,ecc) utili ad allestire in casa una postazione di lavoro salubre ed ergonomica necessaria a svolgere efficacemente il lavoro da remoto.
credits freepick: marymarkevich https://urly.it/3dp11
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